Progetto di risoluzione della crisi: possibile un progetto unico per i membri di una famiglia
Fondamentale, però, non solo il legale di parentela, ma anche, alternativamente, la convivenza o la comunanza di origine del sovraindebitamento

I membri di una famiglia possono presentare un unico progetto di risoluzione della crisi da sovraindebitamento quando sussiste, ovviamente, il legame di parentela e, alternativamente, la convivenza o la comunanza di origine del sovraindebitamento.
Questo il principio fissato dai giudici (ordinanza numero 22074 del 31 luglio 2025 della Cassazione), chiamati a fare chiarezza sulla apertura della liquidazione controllata del patrimonio di due familiari.
A prendere posizione già i giudici d’Appello, osservando che l’indebitamento dei due soggetti, tra loro parenti, è derivato in misura preponderante da obbligazioni assunte congiuntamente e, pertanto, risulta integrato il presupposto per la presentazione di un unico progetto di risoluzione della crisi, costituito dall’origine comune del sovraindebitamento.
Sulla stessa linea, poi, i magistrati di Cassazione, in merito alla legittimazione congiunta dei debitori facenti parte della stessa famiglia a presentare un unico progetto di risoluzione della crisi da sovraindebitamento.
Su questo fronte, difatti, il ‘Codice della crisi d’impresa’ è chiaro: i membri della stessa famiglia possono presentare un unico progetto di risoluzione della crisi da sovraindebitamento quando sono conviventi o quando il sovraindebitamento ha una origine comune. Comunque, la disposizione, fermo restando il legame di parentela tra i proponenti, postula due requisiti, l’uno alternativo all’altro, per l’accesso ad una simile tipologia di procedura: la convivenza o la comunanza di origine del sovraindebitamento dei proponenti.
Poi, ai fini dell’ammissione del debitore alla procedura di liquidazione controllata, sono irrilevanti, chiariscono i giudici, le condotte serbate dai debitori ed ogni altra ragione che ha determinato la situazione di sovraindebitamento, posto che la liquidazione controllata non è, di per sé, un vantaggio per il richiedente, né ha carattere premiale per cui non può essere negata sulla base di circostanze soggettive riconducibili a presunta negligenza o imprudenza del debitore nella causazione del proprio sovraindebitamento. Difatti, eventuali profili di mancanza di meritevolezza, ove sussistenti e rilevanti, vengono eventualmente valutati nella successiva fase dell’esdebitazione, chiariscono i giudici.