Concordato preventivo: fondamentale la verifica della fattibilità economica del piano
Necessaria un controllo sulla presenza, o meno, di una manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati, individuabile caso per caso in riferimento alle specifiche modalità indicate per superare la crisi
In materia di concordato preventivo, il Tribunale è tenuto ad una verifica diretta del presupposto di fattibilità del piano per poter ammettere il debitore alla relativa procedura. Per quanto concerne il controllo di fattibilità economica, intesa come realizzabilità nei fatti, può essere svolto nei limiti della verifica della presenza, o meno, di una manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati, individuabile caso per caso in riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la crisi.
Questi i punti fermi fissati dai giudici (ordinanza numero 23872 del 26 agosto 2025 della Cassazione) a chiusura del contenzioso relativo alla possibile inammissibilità di una domanda di concordato preventivo.
In generale, lo stato di insolvenza delle società che non siano in liquidazione va desunto non già dal rapporto tra attività e passività, bensì dall’impossibilità dell’impresa di continuare ad operare proficuamente sul mercato, e che ciò si traduca in una situazione d’impotenza strutturale (e non soltanto transitoria) a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, per il venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie allo svolgimento dell’attività. E, ancora, ai fini della dichiarazione di fallimento, costituiscono indizi esteriori dell’insolvenza, gli elementi sintomatici che esprimono lo stato di impotenza funzionale e non transitoria dell’impresa a soddisfare le proprie obbligazioni, secondo una tipicità – desumibile dai dati dell’esperienza economica – rivelatrice dell’incapacità di produrre beni o servizi con margine di redditività da destinare alla copertura delle esigenze dell’impresa medesima.
Applicando questa visione alla vicenda in esame, secondo i giudici, gli indici dello stato di incapacità strutturale e non transeunte della società a far fronte alle obbligazioni sono palesi nella stessa presentazione del concordato preventivo, il cui piano prevedeva il pagamento dei creditori in un arco temporale di cinque anni, considerato un tempo non ragionevole di soddisfazione di un credito scaduto.
In altre parole, la proposta di pagamento di tutti i debiti dilazionato in cinque anni è circostanza che di per sé rivela l’impossibilità del debitore adempiere regolarmente le obbligazioni.
Questa visione viene maggiormente in rilievo nell’ipotesi di concordato con continuità aziendale, laddove la rigorosa verifica della fattibilità in concreto presuppone un’analisi inscindibile dei presupposti giuridici ed economici, dovendo il piano con continuità essere idoneo a dimostrare la sostenibilità finanziaria della continuità stessa, in un contesto in cui il favor per la prosecuzione dell’attività imprenditoriale è accompagnato da una serie di cautele inerenti il piano e l’attestazione, tese ad evitare il rischio di un aggravamento del dissesto ai danni dei creditori, al cui miglior soddisfacimento la continuazione dell’attività non può che essere funzionale.