Fornitura di una cucina: a fronte del difetto di conformità del bene, il venditore è tenuto a porre rimedio
Necessario rimediare, mediante riparazione o sostituzione entro un congruo termine, ai vizi denunciati dall’acquirente, senza poter pretendere attività conciliative volte a individuare i difetti o ad ottenere esoneri di responsabilità

Punto fermo intangibile è l’obbligo del venditore di rimediare ai difetti di conformità del bene ceduto. Questa la secca presa di posizione dei giudici (ordinanza numero 14683 del 31 maggio 2025 della Cassazione), i quali, chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo alla fornitura di una cucina ‘Scavolini’, hanno sancito che, in caso di difetto di conformità del bene di consumo, il venditore è tenuto a rimediare, mediante riparazione o sostituzione entro un congruo termine, ai vizi denunciati dall’acquirente, senza poter pretendere attività conciliative volte a individuare i difetti o ad ottenere esoneri di responsabilità. Inoltre, una volta che il compratore ha denunciato i difetti e ha corrisposto il prezzo pattuito, il venditore non può subordinare l’eliminazione dei vizi a trattative sui difetti stessi o esigere dal consumatore adempiente la rinuncia ad avere un bene conforme.
Chiari i dettagli della vicenda contrattuale presa in esame dai giudici. Un privato ha citato in giudizio una società per vedere dichiarata la risoluzione del contratto di fornitura di una cucina ‘Scavolini’, risultata non conforme a quanto previsto. Alla società il privato addebita anche l’incapacità di eliminare i difetti lamentati.
Per quanto concerne il fronte economico, il privato chiede la restituzione di quasi 13mila euro e un risarcimento quantificato in 3mila euro.
In primo grado la società viene obbligata al pagamento di una somma pari a 4mila euro, includendovi 1.600 euro per costi di ripristino e 2.400 euro per minor valore della cucina. Tale decisione viene ribaltata in secondo grado, con buona pace del privato, che però in Cassazione vede riprendere vigore la pretesa avanzata nei confronti della società.
Per i giudici di terzo grado, difatti, il venditore ha l’obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita e il difetto di conformità che deriva dall’imperfetta installazione del bene di consumo è equiparato al difetto di conformità del bene quando l’installazione è compresa nel contratto di vendita ed è stata effettuata dal venditore o sotto la sua responsabilità.
Sempre ragionando in questa ottica, poi, il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene, e, in caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione. Le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un congruo termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo cui il consumatore ha acquistato il bene.
Da tale quadro normativo emerge, osservano i giudici, che non è prevista una attività conciliativa, volta ad individuare i difetti del bene consegnato, eventualmente tesa ad una diversa attribuzione della responsabilità circa la loro causa.
Così, una volta denunciati i vizi da parte dell’acquirente, il venditore è tenuto a porvi rimedio, rendendo il bene conforme a quello pattuito, senza pretendere esoneri da responsabilità per l’esistenza dei difetti lamentati dal consumatore, e, se ha già incassato il costo del bene venduto, non può pretendere da un lato di portare avanti una trattativa su quali siano o meno i difetti e su chi sia tenuto a risolverli e, dall’altro, esigere dal consumatore adempiente la rinuncia ad avere un bene conforme, ovvero un esonero da responsabilità per la non conformità. Tali trattative sono rimesse alla autonomia delle parti, ma esulano dall’applicazione delle disposizioni del ‘Codice del consumo’.
Il venditore è quindi vincolato a rimediare ai difetti. Se intende farlo solo in parte, deve proporre al consumatore almeno una riduzione di prezzo, ma non esigere quale contropartita che il consumatore si assuma obbligazioni non proprie e limitazioni di responsabilità.
Tornando alla vicenda in esame, è evidente l’inadempimento della società. Irrilevante il fatto che essa abbia proposto di conciliare la questione, in quanto tale profilo esula dalla disciplina in materia che prevede che, una volta denunciati i difetti della cucina, essa, come fornitrice e venditrice, avrebbe dovuto limitarsi ad adempiere.